Ciao a tutti! Cresce mentre diciamo arrivederci al cardinal Martini il desiderio di fare memoria grata di tutto il bene ricevuto, della sapienza che Dio gli ha concesso anche per noi, della vita buona che in lui ci ha offerto. Quali parole scegliere fra tutte quelle scritte sui libretti delle veglie in duomo, appoggiati di traverso a una colonna, fra quelle ascoltate durante la scuola della parola e le catechesi via radio (sì, “ai nostri tempi” c’era la radio!), fra quelle lette con calma nel silenzio che ti abbraccia su una cima, parole mozzafiato più del panorama già splendido, saltate dalla pagina nel profondo del cuore, capaci di conquistarlo perché vere e promettenti … Vorrei condividere con voi tre di questi ricordi intensi e grati.
Un “Rinnovo del patto educativo” in Sant’Ambrogio: la testa un po’ rapita dalla maturità imminente, e quella voce che, ripristinando proporzioni autentiche attraverso un calore che infiamma, dice a me e ai miei compagni educatori:
“se tu rallenti, essi si fermeranno; se ti mostri debole, cederanno; se ti siedi, si metteranno a dormire; se dubiti, si disperderanno; se critichi, demoliranno. Ma se tu offrirai la tua mano essi saranno fuoco ardente e se amerai daranno la vita” (3 giugno 1996)
Un brano regalatomi mentre mi preparo a diventare prete: sembra solo per i preti ma credo che lo possiamo condividere tutti; chissà come suonano intense queste parole in un/una giovane che sente anche solo un iniziale invito del Signore a consacrarsi a Lui …
“Quante volte, fratelli sacerdoti, questa parola di sconforto («Signore, non abbiamo preso nulla!») ce la siamo sentita in gola, forse senza osare dirla forte, come Pietro, ma portandola in noi come un peso oscuro. Ebbene, noi siamo qui insieme per ripetere con Pietro: “Signore, sulla tua Parola getterò le reti!”. Io sono certo, fratelli del presbiterio, e sono certo anche perché l’ho sperimentato quando il Signore mi ha aperto un po’ di più le pagine del Vangelo, che quando questa rete è gettata con semplicità, disinteresse, fiducia, non è mai gettata invano. Questo lavoro di pescatori di uomini, questa fatica mai finita di offrire sempre da capo alla fragile libertà umana la ricchezza della libertà evangelica, del perdono che riabilita, è una fatica gioiosa, che apre il cuore, entusiasmante […] Vorrei ridirlo in particolare ai diaconi, ai chierici e a tutti i giovani […] è bello aiutare gli altri nei loro bisogni, è bello costruire la città, è bello rompere la solitudine, è bello creare la comunità: ed è bello soprattutto farlo in nome del Vangelo. Vale la pena, per questo, di tirare le barche a terra, di lasciare tutto e seguire Gesù”. (6 febbraio 1980)
Da ultimo, di recente il cardinal Martini si è soffermato sul momento del ritorno al Padre, con franchezza, umanità e tenerezza grandi, accendendo nei cuori – mi sembra – una speranza credibile e affidabile …
" Senza la morte non saremmo in grado di dedicarci completamente a Dio. Terremmo aperte delle uscite di sicurezza, non sarebbe vera dedizione. Nella morte, invece, siamo costretti a riporre la nostra speranza in Dio e a credere in lui. Nella morte spero di riuscire a dire questo sì a Dio … Dio non pretenda troppo da me: sa cosa possiamo sopportare. Mi auguro di riuscire a pregare. Noi ci esercitiamo a pregare. Mi fa sentire di essere al sicuro vicino a Dio. La morte non può privare di questa sensazione di sicurezza. Se potessi chiedere qualcosa a Gesù, gli domanderei se mi ama, nonostante io sia così debole e abbia commesso tanti errori; io so che mi ama, eppure mi piacerebbe sentirlo ancora una volta da lui. Inoltre, gli chiederei se in punto di morte mi verrà a prendere, se mi accoglierà. In quei momenti difficili, nel distacco o in punto di morte, lo pregherei di inviarmi angeli, santi o amici che mi tengano la mano e mi aiutino a superare la mia paura”.
Eminenza reverendissima, anzi caro amico, lo abbiamo
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